Nell’ultimo giorno di questo 2021 molto impegnativo per tutti noi e per il Paese, il Direttivo
ANMI e il sottoscritto rivolgono ad ognuno di voi un affettuoso augurio di felice anno nuovo.
La cornice nella quale quotidianamente ci troviamo a operare è oggettivamente difficile, forse
in misura inedita per la Storia delle aree sanitarie dell’INAIL. La Sanità pubblica italiana nel
suo complesso, nonostante i proclami, le promesse, gli impegni presi, resta allo sbando e non
ha ricevuto alcuna attenzione nella legge di Stabilità appena licenziata: tutte le sue ataviche
criticità si mantengono drammaticamente attuali. Ciò che colpisce è l’accentuarsi della
distanza tra i servizi per la salute e i cittadini, che sempre più faticosamente riescono ad
accedervi in risposta ai propri crescenti bisogni. Non esiste traccia di visione strategica, nel
Legislatore; non esiste alcun indizio di una accresciuta consapevolezza derivante dalla
sanguinosa esperienza della crisi pandemica.
In questo quadro generale francamente desolante, emerge con nettezza il ritardo sempre più
incolmabile tra la Sanità regionale e quella Statale, garantita dal nostro Istituto e da altri
enti del comparto EPNE. Sono molti anni che, in faticosa e quasi assoluta solitudine, poniamo
con testardaggine la questione dell’inquadramento contrattuale dei medici degli enti
previdenziali e della ormai indifferibile equiparazione agli istituti propri del SSN.
Non si tratta, evidentemente, di una rivendicazione corporativa, né meramente speculativa:
oggi è sempre più ovvio. Si tratta di un processo divenuto indispensabile alla sopravvivenza
stessa dell’Ente in cui operiamo e della sua specifica funzione sociale.
L’esodo di professionalità sanitarie ad alto profilo di specializzazione verso la Sanità
regionale, se non addirittura verso quella privata, è in atto da tempo e assume dimensioni
preoccupanti. Se non si interviene con decisione ad abolire il gradiente retributivo e normativo
tra i contratti, diverrà presto impossibile arrestare l’emorragia e quindi garantire
l’indispensabile ricambio del personale sanitario nel nostro Ente, ove già l’età media dei
medici dipendenti si avvicina alla soglia dei 58 anni.
A questo si aggiunga che se continuerà a persistere una differenza formale negli
inquadramenti, ogni volta che il Legislatore si convincerà (e già si tratta di evenienza rara di
per sé) della necessità di un intervento a sostegno della Sanità pubblica, esso resterà fatalmente
confinato all’ambito del SSN e non potrà riguardare la nostra attività, come se la salute dei
cittadini che lavorano fosse di minor valore di quella della popolazione generale.
Un paradosso feroce e in conflitto stridente con il mandato costituzionale.
Lo si è visto, del resto, in misura eclatante, nelle vicende correlate all’iter di approvazione della
recente Manovra finanziaria. Se da un lato, infatti, è stato previsto un percorso di
stabilizzazione di decine di migliaia di operatori sanitari assunti dalle Aziende del SSN
con contratti flessibili nel corso dell’emergenza epidemiologica, dall’altro, nonostante una
furibonda, insistita e tenace attività di lobbing da parte delle Organizzazioni sindacali e della
stessa Amministrazione, il Legislatore non ha voluto intendere ragioni e ha opposto rifiuto
categorico alla naturale richiesta che ciò avvenisse anche per i circa 200 tra medici
specialisti e infermieri assunti dall’Inail con contratti Co.Co.Co. in scadenza a fine anno.
Si è trattato di una chiusura apodittica, inappellabile, non motivata, appena attenuata dalla
brevissima proroga concessa con il Decreto pubblicato da poche ore in Gazzetta Ufficiale (art.
9, comma 7). Non viene tenuto in alcun conto il servizio preziosissimo svolto da questo
personale negli ultimi mesi, né valutata con la dovuta attenzione la circostanza oggettiva della
gravissima carenza di organico di cui soffrono le Aree Sanitarie INAIL, che resterebbero in
buona parte mutilate e nella impossibilità di continuare a garantire il servizio qualora tale
ottusa preclusione persistesse.
Per questi motivi -e per molti altri ancora- quello che volge al termine è stato un anno
particolarmente impegnativo per tutti, sotto il profilo professionale e sindacale.
L’anno che verrà, promette di esserlo altrettanto, se non di più.
Comunque sia, ci troverà al nostro posto, con determinazione e fiducia rinnovate.
Stabilizzazione dei colleghi Co.Co.Co., apertura della trattativa con Aran per il nuovo contratto
collettivo di lavoro, nuove procedure assunzionali e ripartizione dell’organico ampliato,
rifondazione del Modello Sanitario dell’Ente… le sfide che ci attendono sono imponenti: c’è
bisogno del contributo di tutti.
Un caro e affettuoso saluto e un augurio di un felice 2022 a tutti voi e alle vostre famiglie.
Roma, 31 dicembre 2021
Gabriele Norcia
Segretario Nazionale ANMI